Risparmi: gli italiani scelgono il materasso, perché?

C’era una volta il materasso…

Andando a ritroso nel tempo, all’epoca dei nostri nonni, i pochi e preziosi risparmi erano gelosamente custoditi sotto stretto controllo personale al riparo da colpi di mano, il materasso e il battiscopa erano le casseforti del tempo.

Sembra di raccontare un’Italia antica e lontana, come nei film di Totò, eppure la realtà moderna è persino più colorita. Ancora oggi dormiamo su materassi di bigliettoni! È l’Italia del risparmio fai da te, gestito senza intermediari, finanziari e consulenti, un risparmio che rende interessi zero, che perde ogni anno il valore dell’inflazione. Il 65% degli italiani pensa che sia meglio tenere i propri risparmi liquidi ma soprattutto il 32% degli italiani alla domanda su quale sia la migliore forma d’investimento tra immobili, strumenti finanziari sicuri e strumenti finanziari a rischio, risponde “nessuno”. Meglio non investire affatto, il che è diverso da “meglio non risparmiare”, perché solo l’8% degli italiani pensa che sia meglio spendere tutto subito e godersi la vita. Gli italiani rimangono risparmiatori, nonostante le difficoltà. Però il problema è che non sanno come impiegare i soldi risparmiati. Non negli investimenti a rischio, ne diffidano fortemente, li sceglie solo l’8% dei risparmiatori. Un po’ meglio gli strumenti finanziari sicuri, mentre il mercato immobiliare ha perso ogni appeal. Così, muri, materassi e intercapedini segrete diventano i nuovi forzieri, anche al tempo della finanza virtuale.

Tirando le somme, il contante vagante risulta in continuo aumento. Si tratta di più di un italiano su sei (dai 15 anni in su), pari al 29% della popolazione, che non ha un conto corrente e che preferisce tenere i soldi in casa, metterli nei libretti postali o affidarli a un familiare che ha il conto. In gergo vengono definiti “unbanked”, il popolo dei senza banca. Per capire a che punto della classifica in Europa si trovi l’Italia basti pensare che in Francia e Regno Unito, coloro che usano solo i contanti non superano il milione e mezzo. In Romania e Polonia sfiorano i 10 milioni. Non è un caso che questi Paesi precedano l’Italia anche per quanto attiene alla performance in financial literacy. Il binomio, crescita dell’alfabetizzazione finanziaria-crescita della fiducia negli investimenti e nei mercati è la chiave di volta per svuotare i materassi e riempire più redditizie e sicure forme di investimento.

[Fonti: Ipsos-Acri]

Sanità: da minimale a ottimale, come?

L’autorevole e completa indagine condotta periodicamente dal Censis, che monitora i cambiamenti della società, ci restituisce la fotografia di un Paese che comincia a prendere coscienza dell’assenza dello Stato sociale in ambito previdenziale e sanitario.

Qualcosa sta cambiando, dunque, e i mutamenti più evidenti emergono soprattutto nell’ambito della sanità.
Secondo il Censis, il 49% degli italiani giudica inadeguati i servizi sanitari offerti dalla propria regione, ma la percentuale si riduce significativamente al Nord-Est (27,5%) e aumenta nettamente al Sud (72%). Seppure la maggioranza degli italiani ritenga che il Servizio sanitario della propria regione sia rimasto uguale negli ultimi anni, in particolare al Nord-Est (70%), il 38,5% rivela un peggioramento, e ad avere questa opinione sono soprattutto i residenti del Mezzogiorno (46%).
A pesare sulla sanità pubblica sono soprattutto i tempi lunghi, per cui, spesso, la scelta della visita privata diviene obbligata. Ad esempio, per eseguire una prima visita oculistica in una struttura pubblica il ticket costa 30 euro e c’è da aspettare mediamente 74 giorni, mentre nel privato, pagando in media 98 euro, si aspettano 7 giorni. Una visita ortopedica nel sistema pubblico costa 31 euro di ticket con 34 giorni di attesa, nel privato 104 euro e occorrono 5 giorni per avere l’appuntamento.
In sintesi, se si vogliono accorciare i tempi di accesso allo specialista, bisogna pagare. È anche per questo che la «Schengen della sanità» potrebbe attirare sempre di più: sono complessivamente 1,2 milioni gli italiani che si sono curati all’estero per un grave problema di salute.

Questo, insomma, il quadro delineato. Ci sono alternative? È ancora possibile poter accedere a servizi di qualità in tempi rapidi? Sicuramente è possibile e la soluzione arriva dalla sanità integrativa, cui, ancora, pochi italiani pensano, ma che, nel resto d’Europa, è già un pilastro importante del welfare.

Dal diritto alla cura al diritto alla salute e oggi al diritto alla qualità della vita, ciò è possibile con un capillare e costante lavoro di informazione in ambito economico e finanziario.
Come sul fronte della previdenza, anche il sistema sanitario è profondamente cambiato rispetto al passato ed è facile prevedere, per il futuro, che la spesa privata dovrà sempre più sopperire alle mancanze del pubblico. Per questo è importante che gli italiani scelgano di tutelarsi con formule di sanità integrativa da attivare nel momento del bisogno, salvaguardando il proprio reddito.

[Fonte: Il Sole 24 Ore]